COSA VORRESTI CHIEDERMI

Come Convincere Qualcuno ad Andare dallo Psicologo (Forse Non Devi)

Ti sei mai chiesto come convincere una persona ad andare dallo psicologo quando la vedi soffrire? Probabilmente sì, soprattutto se si tratta di qualcuno che ami.

La verità è che dietro il nostro desiderio di “convincere” si nascondono spesso le nostre paure. Qui ti spiego cosa c’è davvero in gioco e come puoi davvero aiutare.

Come convincere una persona ad andare dallo psicologo: cosa c’è dietro questa domanda?

“Dottoressa, come posso convincere (una persona cara) a venire da lei/da te? Lo/a vedo che sta male. Vorrei poter fare qualcosa.”

Ricevo spesso questa domanda. E la prima cosa che chiedo è: ‘Come mai è così importante per te che questa persona inizi una terapia?’ 

Spesso, riflettere su questo fa emergere le nostre ansie o paure: se lui o lei cambiassero, tu come staresti? Più al sicuro? Più considerato/a? Ecco da dove partire.

Ti racconto un esempio: una signora lamentava che il marito non si curasse della salute. Era ossessionata, si arrabbiava perché “doveva occuparsene lei” e voleva che io “gli cambiassi la testa”.

In realtà, dopo un dialogo sincero ha ammesso di avere paura di perderlo. La trascuratezza del marito la faceva sentire abbandonata. L’ansia e la cura ossessiva erano il suo modo di calmare quella paura.

È davvero possibile convincere qualcuno ad andare in terapia?

La verità è che dobbiamo riformulare la nostra intenzione quando vogliamo che una persona vada dallo psicologo: anziché “convincere” possiamo provare ad “accompagnare”.

In un percorso di conoscenza di sé, di crescita e di terapia, è assolutamente importante desiderarlo personalmente e prendersene la responsabilità. Nessuno farà mai bene una cosa perché è costretto, e questo se ci pensi vale per tutto.

È comprensibile volere che l’altro stia meglio, ma non possiamo trattarlo come un oggetto da cambiare. Ha la sua libertà e il suo diritto di essere. Non possiamo convincerlo a diventare ciò che vogliamo.

Possiamo però dare il buon esempio occupandoci del nostro percorso. Noi stessi potremmo vederlo con occhi diversi e riuscire ad accettarlo di più, così come è. Se ci pensi, questo è un atteggiamento più maturo. Sono sicura che anche tu vorresti essere accettata/o per ciò che sei.

Perché una persona dice “non voglio andare dallo psicologo”?

Le resistenze sono tante e tutte comprensibili. Tra le più comuni che sento:

  • “Io non ne ho bisogno”
  • “Solo i deboli vanno dallo strizza-cervelli”
  • “Mi vergogno”
  • “Sei tu che hai problemi, non io”

Dietro questi “no” ci sono paure legittime:

  • del cambiamento (“e se poi non sono più io?”) 
  • di soffrire di più (“e se scavando viene fuori roba che non voglio vedere?”) 
  • che non serva (“tanto non cambierà mai niente”) 
  • del giudizio (“mi prenderanno per pazzo?”)
  • di provare vergogna nel raccontare le proprie “difficoltà” 

Per ammettere di avere un problema che non riusciamo a risolvere da soli ci vuole molto coraggio. Allo stesso tempo c’è un legittimo desiderio di autonomia: “se mi costringi ti faccio resistenza, almeno decido io in qualcosa”.

Spesso ci sono dinamiche relazionali di tutto il gruppo familiare. Un padre che si lamenta perché il figlio “non fa niente”, potrebbe essere visto dal figlio come qualcuno che lo ama solo a condizione che diventi importante (o che faccia nella vita quello che il padre si aspetta).

Come non convincere una persona ad andare dallo psicologo (gli errori da evitare)

Questi atteggiamenti allontanano ancora di più chi sta male:

  • Atteggiamenti giudicanti: “Ma come fai a stare così? Basta volerlo!”
  • Minacce: “Se non vai dallo psicologo non ti parlo più”
  • Ricatti emotivi: “Lo fai per me, se mi ami davvero…”
  • Imposizioni: “Ti ho già preso l’appuntamento”

Spesso suggerisco ai genitori che mi chiamano o vengono da me preoccupati: “dite ai vostri figli di provare solo una volta”. 

Quando riescono a venire, spesso restano. Capiscono che qui non c’è un tribunale che giudica, ma uno spazio sicuro dove lasciare i pesi dal cuore. Se però non vogliono, la scelta resta la loro. E noi abbiamo il compito di rispettarla.

Come “convincere” una persona ad andare dallo psicologo con empatia

Puoi provare a stare accanto con empatia, senza colludere con il suo stare male.

Puoi mostrargli le cose belle che potrà fare quando starà meglio, infondere coraggio e speranza che le cose possano davvero migliorare. Ma l’ultima parola non spetta a noi.

Quando parlo di “accompagnare” intendo proprio essere una presenza che sostiene senza giudizio e che resta vicina senza invadere i confini dell’altro (naturalmente senza compatirlo, perché non c’è niente di peggio che trattare una persona da “poverino/a”).

Come convincere un figlio adolescente ad andare dallo psicologo: un caso a parte

Con i figli, adolescenti in particolare, la questione si complica. Il rischio è quello di “etichettare” o far sentire il ragazzo “sbagliato” o “malato”.

Gli approcci che funzionano meglio sono:

  • Normalizzare il disagio: “È normale attraversare momenti difficili”
  • Parlare di crescita, non di cura: “Potrebbe aiutarti a capire meglio te stesso”
  • Dare l’esempio: se i genitori hanno fatto un percorso, possono condividerlo. Possono soprattutto raccontare di essersi trovati in difficoltà e ricordare che nessuno si aspetta che siano Superman o Wonder Woman: vogliamo solo la loro felicità
  • Rispettare i tempi: non forzare, ma lasciare aperta la porta

Come genitori, il nostro ruolo non è risolvere i problemi dei figli, ma accompagnarli a scoprire le proprie risorse. Allo stesso tempo, è importante assumerci la nostra responsabilità nella relazione: i figli non si portano dallo psicologo per essere “aggiustati”, ma perché spesso anche noi possiamo migliorare nel nostro modo di fare.

Frasi da evitare (e alternative da preferire)

Ecco alcuni esempi di trasformazione linguistica:

Invece di: “Hai bisogno di aiuto, punto e basta”
Meglio: “Ho notato che ultimamente sembri più triste, c’è qualcosa che ti pesa?”

Invece di: “Sei sempre depresso”
Meglio: “Sapendo tutte le cose meravigliose che porti dentro, ci piacerebbe vederti felice”

Invece di: “Se non vai, non ti aiuto più”
Meglio: “Sono qui per te, qualunque cosa tu decida”

Invece di: “Tutti quelli che hanno bisogno vanno in terapia”
Meglio: “Anch’io ho fatto un percorso e mi ha aiutato tanto”

Invece di: “Devi per forza risolvere questo problema, altrimenti…”
Meglio: “Quando sarai pronto, ci sono persone che possono aiutarti”

Se non puoi convincere… puoi comunque essere una presenza che sostiene, senza giudizio

Il nostro reale potere è solo su noi stessi, lo ripeto. E talvolta, se non ci conosciamo interiormente, ci sfugge anche questo.

C’è un altro aspetto importante da sapere: a volte restare nel malessere porta un “vantaggio secondario”. Alcune persone preferiscono rifugiarsi nella lamentela per avere attenzioni o per paura di affrontare il dolore. Lo dico sempre: la zona di confort non è la più bella, è solo la più conosciuta, quella dove so già cosa mi aspetta.

Non possiamo salvare nessuno. Possiamo dare solo ciò che abbiamo.

Per finire, attenzione anche a cosa ci spinge a volere che l’altro cambi. Un sincero affetto o la sindrome della crocerossina?

Se è così, siamo noi i primi ad aver bisogno di aiuto.

Ricorda: invece di continuare a chiederti come convincere una persona ad andare dallo psicologo, inizia a chiederti come puoi essere una presenza che sostiene senza giudizio e se c’è qualcosa che puoi cominciare a fare tu su te stesso/a.

Questo è il vero aiuto che puoi offrire.

Se questo articolo ti ha toccato il cuore e riconosci te stesso in queste parole…

Forse è arrivato il momento di iniziare dal primo passo: te stesso.

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La Dott.ssa Annalia Farina è psicologa, psicoterapeuta e coach per imprenditori, professionisti e anime visionarie a Monza e online in tutta Italia (o nel mondo!).